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Memoria collettiva e lotta trans

Posted on 2020/11/20 - 2024/04/11 by phrocissime
Oggi è il Giorno di Commemorazione Trans.
Sentiamo l’esigenza di prendere parola per ricordare: ricordare chi è oppress dal patriarcato cis-sessista e soffre la violenza transfobica e transmisogina che nella vita quotidiana è tutt’altro che invisibile. La transfobia non è “paura” nei confronti delle persone trans*, ma è odio e rifiuto verso l’autodeterminazione delle persone trans*. Questo tipo di violenze raggiunge l’apice negli omicidi transfobici e nello specifico nei transfemminicidi, perciò oggi ricordiamo le sorelle e i fratelli uccisi. Crediamo che sia importante portare avanti la memoria di queste persone che facevano parte della nostra comunità, perché ci ricordano che c’è sempre molto per cui lottare. Ci ricordano che innanzitutto dobbiamo lottare per le nostre vite, per rimanere in vita. La memoria e la lotta sono collegate e non si portano avanti solo una volta l’anno.
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Ci teniamo a ribadire che la violenza transfobica non si manifesta soltanto quando un caso di cronaca fa scalpore, ci commuove, ci fa male, ma è violenza strutturale e parte integrante del sistema di oppressione patriarcale. Questa violenza si manifesta ogni volta che i nostri documenti non riportano i nomi che abbiamo scelto, ogni volta che ci è reso quasi impossibile adeguare i nostri documenti, ogni volta che le autorità utilizzano quei documenti per sovradeterminare chi siamo. Le autorità, che siano rappresentate dallo sbirro di turno o da un funzionario amministrativo, non devono imporci categorie di genere fisse; come non devono limitare la nostra libertà di movimento sulla base della nazionalità scritta sui nostri documenti. Lo Stato si arroga il diritto di controllare le nostre vite; agisce in prima persona e legittima quella violenza transfobica e razzista che è intrinseca negli usi dei documenti da parte delle autorità.
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Infine, crediamo che la commemorazione non debba passare dalla spettacolarizzazione degli omicidi transfobici, ma è attraverso la lotta che il ricordo delle persone trans* uccise diventa forza collettiva. La memoria per noi non può essere fine a sé stessa, ma diventa rabbia e di conseguenza attacco al sistema che agisce queste violenze. Non ci può bastare un necrologio ogni tanto, ci rifiutiamo di rimanere nel ruolo di vittime. 
In quest’ottica abbiamo pensato di consigliare la lettura di due articoli che riflettono sul vittimismo che spesso circonda il Giorno di Commemorazione Trans, riconoscendo l’importanza del tenere viva la memoria e proponendo alternative. Entrambi gli articoli li trovate nell’opuscolo “Spazi Pericolosi. Resistenza violenza, autodifesa e lotta insurrezionale contro il genere”. Il primo, “Una pratica insurrezionale contro il genere: riflessioni sulla risonanza, memoria ed attacco”  lo trovate qui sotto e il secondo “Dalle Candele alle Fiaccole: Vandalismo in Alternativa al Giorno di Commemorazione Trans* e gli Attacchi Trans che verranno” lo potete leggere qui.
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marcione allergiche al binarismo di genere

Una pratica insurrezionale contro il genere: riflessioni sulla risonanza, memoria ed attacco
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Vorrei poter dirti che sono diventat insensibile al dolore dopo tutti questi anni, ma la notizia dell’uccisione di un’altra donna trans mi perfora gli intestini, ogni volta che arriva. Più che scoprire i dettagli dell’uccisione di Deoni Jones, sono qui a respirare con difficoltà e a cercare le parole o le azioni per esprimere il mio odio totale verso la società che produce i ritmi del lutto e della violenza che protegge il genere. Quei ritmi sono gli unici ascoltabili per quelle persone come noi, quelle che cercano una strada fuori dall’orribile canzone del genere. C’è qualcosa dentro me che quasi desidera diventare indifferente a questo ritmo. Ma so che non sarebbe abbastanza per mitigare il riverbero del genere nel mio corpo e nella mia vita quotidiana, suono che ho incessantemente provato a silenziare con ormoni, alcool, droghe e scrivendo saggi stupidi. Ho paura che questo sia uno di quei tentativi inutili.
Molte di noi hanno provato in questo e altri modi a gestire il dolore del genere per conto proprio; ma non c’è niente che possiamo fare per rendere più leggeri i nostri cuori appesantiti, a parte interrompere collettivamente questo ritmo e smantellare il genere nella sua totalità. Avendo questo in testa, elaborerò una proposta per quelle persone stanche della violenza e morte di genere, per la creazione di un nuovo ritmo di vendetta contro l’ordine del genere. 
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Ci sono alcune pratiche che sono state messe in atto da persone che si autodefiniscono “trans radicali” o “anarcofemministe” (che fanno parte di certe sottoculture di attiviste)  in risposta alla questione di genere . Queste pratiche includono laboratori sul consenso, opuscoli sulla transessualità e segnalazioni dei comportamenti “di merda” interni alla loro sottocultura, oltreché feste ed orgie. Non c’è niente di inerentemente “sbagliato” in queste cose, ma se prendiamo sul serio l’idea che dobbiamo distruggere il genere e tutte le relazioni sociali di questa società è chiaro che qualcosa manca in una pratica che affronta il genere solo a livello di uso linguistico e di dinamiche sottoculturali. Se abbandoniamo il modello di attivismo di sinistra e accettiamo il fatto che “i movimenti rivoluzionari non si diffondono per contaminazione, bensì per risonanza”; capiamo che, come minimo, ci siano alcuni problemi col pensiero che questi metodi isolati possano costruire da soli una forza per distruggere il genere. Queste pratiche non sono all’altezza di affrontare direttamente le manifestazioni della violenza di genere e di creare pratiche che risuonino nell’inconcepibile dolore che portiamo nel profondo dei nostri corpi. Dobbiamo costruire un ritmo di lotta che risuoni nei nostri corpi e che costruisca relazioni tra attacco, memoria e il terrore di genere che sperimentiamo nel quotidiano.
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È abbastanza facile iniziare una discussione sulla strategia insurrezionale con la nozione di attacco. Tuttavia molte confondono questo processo con il semplice danneggiare una banca a caso o scrivere un comunicato che dice agli sbirri di farsi fottere. Ovvio, non sono interessat a condannare tali pratiche, sono semplicemente più interessat ad esaminare i modi in cui varie nozioni e metodi di attacco sono posizionati in relazione alla nostra memoria e tutte le emozioni che si sono sviluppate come conseguenza alla violenza di genere che abbiamo sopportato. Se da un lato è abbastanza facile deridere le veglie a lume di candela o il Giorno di Commemorazione Trans*, dall’altro questi momenti servono a creare una continuità e un ritmo di memoria in relazione alla violenza transfobica di cui molte prospettive radicali mancano. Quando sentiamo il nome Deoni Jones oggi e vediamo gruppi di persone rannicchiate sulle candele, non possiamo evitar di pensare a Dee Dee Pearson, Shelley Hilliard, Lashai Mclean, Sandy Woulard, Chanel Larkin, Duanna Johnson, Gwen Araujo e Marsha P. Johnson. Non possiamo evitare che le nostre menti si riempiano delle storie di quelle persone uccise per mano di una società che deve mantere l’ordine di genere a tutti i costi. È così facile perdersi nel dolore che si accompagna a tutto questo, guardarsi le spalle mentre torni a casa tutte le notti sperando che quel rumore che hai appena sentito non sia una persona pronta a piombare su di te. Presto potresti dimenticarlo, ma ti verrà ricordato il mese dopo quando succederà ancora a un’altra donna trans, in un’altra città o forse nella tua.
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Questo è il ritmo della nostra memoria, miseria e paura collettive, che si ripete ad ogni uccisione, veglia o Giorno di Commemorazione Trans*. Una pratica insurrezionale che attacchi le fondamenta del genere deve usare anche i ritmi della memoria e dell’emozione, ma verso la distruzione dell’ideologia di vittimismo e passività che le precedenti pratiche mantengono. Compagne insurrezionali di altre parti scrivono: “Il potere ha creato una macchina della dimenticanza, ogni volta più macabra e perfetta, per mantenere le condizioni in suo favore. L’amnesia genera un’accettazione della realtà imposta, limitandosi all’osservazione delle lotte passate o delle fotografie di compagne, tagliando ogni connessione con la realtà. Accettazione ottenuta mostrando quanto impossibile sia qualsiasi tentativo di disobbedire al padrone”. Il rifiuto dell’ideologia di vittimismo e passività si è manifestato con attacchi in solidarietà con compagne insurrezionali che sono decedute o che stanno affrontando la repressione. Questi attacchi sono un tentativo di sfruttare le riserve di odio viscerale per questo mondo e  la sua violenza nei confronti di chi condivide il desiderio di vedere una fine a tutto questo, collegando i ritmi di memoria collettiva, il desiderio di vendetta e il territorio di lotta in cui sono collocati.
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Potremmo essere capaci di rimuovere questa pratica di attacco da una situazione in cui le anarchiche sono solo autoreferenziali alla storia delle loro lotte e applicarlo anche alla nostra posizione tra i cicli di violenza e uccisione di genere e il lutto. In realtà, questo è già stato sperimentato dalle anarchiche negli stati uniti. Questo modello è stato sperimentato nella campagna “Vendica Duanna” di BashBack!, in cui anarchiche queer di diverse città hanno realizzato azioni in risposta all’uccisione di Duanna Johnson a memphis (tn) nel 2008. Questa campagna ha dato vita a una pratica che ha collegato emozioni viscerali di vendetta, memoria collettiva ed attacco e ha dato forza e promosso il rifiuto della vittimizzazione. Forse il suo fallimento è stato non dare continuità alla materializzazione di questa forza ad ogni morte, anche se negli ultimi mesi si sono prodotti nuovi attacchi di vendetta. Se stiamo creando un ritmo per contrattaccare, dobbiamo essere costanti nel rifiutare che la morte di una donna trans rimanga invisibile. Dobbiamo imporre il nostro ritmo incalzante, identificando i nodi del controllo e la violenza di genere nel nostro territorio di lotta, scatenando  la nostra vendetta su di loro, smantellando i ritmi della paura, della vittimizzazione e i gesti vuoti che continuano a caratterizzare le attuali risposte delle anarchiche, delle femministe e delle attiviste trans* alla violenza di genere. Collegando lo spazio della nostra vita di tutti i giorni ai cicli di lotta alla violenza di genere rendiamo concreta la nostra resistenza e lasciamo un segno materiale del nostro rifiuto del vittimismo. Se questa pratica vuole avere risonanza, dobbiamo creare costantemente questo ritmo e rifiutare di permettere a chiunque di ignorare il moltiplicarsi delle morti di persone trans* attorno a noi, attraverso il sabotaggio dei mezzi di comunicazione, scritte sui muri e altri metodi. Con diversi metodi di azione, abbiamo la possibilità di sperimentare il potenziale di diffondere tecniche di sabotaggio della produzione di genere. Lasciateci sperimentare con audacia a questo proposito. Solo allora la dolorosa canzone del genere potrà essere sostituita dal rumore del suo collasso.
Posted in ARCHIVIO, Comunicattive

[traduzione] “Amore e Rabbia”

Posted on 2020/11/05 - 2024/04/11 by phrocissime

Con piacere vi presentiamo “Amore e Rabbia“, fanzine prodotta dalla collettiva Lesvos LGBTQI+ Refugee Solidarity, traduzione a cura della Brigata Saffo.

In questo testo viene trattato un tema mai discusso: la migrazione delle persone queer. In “Amore e Rabbia” le compagne che vivono sull’isola di Lesbo raccontano la propria lotta contro il regime migratorio europeo e la queerfobia istituzionalizzata nelle procedure per le richieste d’asilo.

Nel campo profughi di Moria sull’isola di Lesbo, pensato per accogliere tre mila persone, oggi ce ne sono più di ventimila in un inferno di tende e lamiere che si estende tutto intorno alla struttura originaria. Il campo lager di Moria, di cui le compagne chiedono il completo smatellamento, è un intricato labirinto di abitazioni fatte di rottami, privo di strutture igieniche, costantemente infetto. Abbandono e impoverimento generali fanno crescere la violenza e la prevaricazione soprattutto contro bambinx, persone queer e donne. Attualmente il campo di Moria è stato dato alle fiamme dalle persone migranti e dalle/gli attivist a loro solidali. La situazione politica e le condizioni di vita sull’isola sono molto precarie e in continua evoluzione.

Crediamo che il racconto diretto di chi vive in prima persona la violenza della Fortezza Europa sia uno strumento importante nella costruzione di una lotta queer solidale; per noi è indispensabile ascoltare le voci delle persone migranti e rifugiate queer per poter dare risonanza alle loro parole e supportarle.

SOLIDARIETÀ QUEER CONTRO OGNI FORMA DI RAZZISMO!


AVVISO: questo opuscolo contiene racconti di violenza razzista e queerfobica.

scarica:

formato lettura ||||||||||| formato stampa ||||||||||| originale in inglese

Posted in ARCHIVIO, FANZE

7 e 8 novembre, Bologna: rete nazioAnale TRANSFEMMINISTA QUEER

Posted on 2020/10/29 - 2024/04/11 by phrocissime
La pandemia globale da coronavirus e la crisi economica che ha generato hanno mostrato le vulnerabilità e l’interdipendenza dei corpi, dei territori, delle specie e delle popolazioni. E’ necessario costruire reti di mutualismo a favore delle comunità di chi ha subito maggiormente le conseguenze della crisi. La ricaduta delle misure di sicurezza e igiene pubblica, infatti, è stata fortemente asimmetrica e ha segnato ancora di più le gerarchie e le divisioni neoliberali di classe, di razza, di genere e di sessualità. Come lesbiche, frocie, bisex, persone trans, intersex, asessualx, madrx, femministe e transfemministe queer abbiamo sempre lottato mettendo al centro la riproduzione sociale e mai come in questo momento è emersa la sua rilevanza rispetto alla produzione. Tuttavia, nonostante la centralità della salute degli individui nel discorso pubblico, il diktat della produzione, dell’estrazione e del profitto si è imposto sulla cura, che ora come non mai si dimostra terreno di lotta politica.
Già nel contesto del percorso Marciona 2020 avevamo affrontato questi temi, dando priorità alla presa di parola queer nello spazio pubblico attraverso la critica alla forma “Pride” mainstream. Dopo l’inizio della pandemia, ci siamo riunit* in diverse assemblee trans-territoriali e ne abbiamo evidenziato le ricadute sulla materialità delle vite queer, punto di partenza imprescindibile per costruire le nostre pratiche.
Abbiamo agito secondo un principio di autoresponsabilizzazione collettiva per il contenimento del contagio e di autogestione critica del distanziamento fisico, scegliendo di porre al centro il mutualismo. Agire mutualismo e solidarietà queer, oltre che rispondere alla necessità materiale di scambiare risorse, cibo, denaro, ha una forte valenza politica: rendere visibili forme di relazioni “altre”, reti di affetto e sociali non familistiche e non di sangue.
Infine, siamo finalmente sces* in piazza numeros*, da Milano a Bologna, Torino, Rimini, Firenze, Bergamo, Messina, Roma, Genova, dando vita ad un Coordinamento Pride transfemminista queer, in una cornice comune (https://marciona.noblogs.org/post/2020/06/22/verso-un-pride-transfemminista-queer/).  Queste le nostre rivendicazioni: la lotta alla violenza di genere e dei generi e allo stigma che colpisce sex worker e persone sieropositive, per la depatologizzazione delle transizioni e delle vite trans e non binarie, in solidarietà con il movimento Black Lives Matter e con tutte le resistenze queer, femministe, antirazziste, anticolonialiste, antifasciste globali.
La discriminazione non è un fatto meramente culturale, produce disuguaglianza sociale e materiale, per questo chiediamo reddito di autodeterminazione e accesso a salute, casa, istruzione per ognun*: per transitare fuori dai vincoli famigliari, patriarcali e omosociali. A partire da questa lettura della violenza strutturale e eteropatriarcale abbiamo preso parola anche sulle proposte legislative a contrasto dell’omolesbobitransfobia. 
Abbiamo scelto di convocarci tutt* per due giorni come nuova rete transfemminista queer per confrontarci sul percorso compiuto fino ad ora e rilanciare la nostra iniziativa politica.
Questi due giorni saranno strutturati in modalità mista (online ed in presenza) a Bologna il 7 e 8 novembre 2020, presso il Circolo ARCI Guernelli, via Gandusio 6, Bologna.
Chiediamo a tutte le favole che leggono questa convocazione di compilare il sondaggio sulla partecipazione online e offline a questo indirizzo: https://forms.gle/bq67i6bUSz2cKnz8A . È necessario sapere i numeri della partecipazione e le esigenze per gestire al meglio i due giorni e impostare i canali online in modo da garantire l’accesso a tutt* coloro che non possono essere presenti.
PROGRAMMA IN MODALITÀ MISTA ONLINE E OFFLINE (in aggiornamento)
    
GIORNO 1 WORKSHOP E TAVOLI TEMATICI
I tavoli sono organizzati in modalità World Cafè e saranno accessibili online su Discord e in presenza: ogni tavolo è composto da sottogruppi, all’interno dei quali una persona volontaria terrà un resoconto e si occuperà della gestione della trasmissione online. Un’altra persona coordinerà la discussione proponendo alcune domande inerenti al tema del sottogruppo. Ogni partecipante può muoversi tra i sottogruppi per contribuire alla discussione. Alla conclusione, verranno messi a confronto i resoconti di ciascun sottogruppo per elaborare una sintesi da presentare in plenaria la domenica. Sia la discussione generale, sia i sottogruppi saranno forniti di canale Discord dedicato per seguire e partecipare a distanza. 
**** 10:30 Presentazione e benvenuto
    
**** 11-13
1. Tavolo SCUOLA
2. Tavolo MUTUALISMO
3. WORKSHOP Il colore del genere e dell’orientamento sessuale 
    >>Laboratorio su razzismo e privilegio bianco negli ambienti queer e nei movimenti politici. Come darci strumenti per prevenire e contrastare gli atteggiamenti razzisti nei nostri spazi? Lettura collettiva e discussione a partire da testi scritti da persone razzializzate che hanno riflettuto sull’argomento. SOLO IN PRESENZA
    
**** 13-14 PAUSA
**** 15-17
1. Tavolo SALUTE
      a. Salute mentale
      b. Salute trans e accesso agli ormoni
      c. Consenso e COVID (uso dei dispositivi sanitari)
      d. Accesso alla Salute riproduttiva e non riproduttiva (MTS, HIV, Aborto)
 
 2. WORKSHOP Riot porn by abrACABlab
Il workshop sarà diviso in due:
        – Quanti occhi ci guardano?: autodifesa urbana contro i dispositivi di sorveglianza (online o in presenza)
        – Autoproduzione di sex toys vegani con materiali di recupero (in presenza) oppure con tutto quello che abbiamo già a casa (online)
**** 17-19
1. Tavolo Metodo e comunicazione
      a. Strumenti di comunicazione interna 
      b. Strumenti comunicazione verso l’esterno e grafica
      c. Sicurezza informatica 
GIORNO 2 ASSEMBLEA PLENARIA
 ODG
  • MATTINA
    Restituzione e confronto sui workshop di sabato
    Condivisione di pratiche locali e nazioanali
  • POMERIGGIO
    Transfemministe queer in piazza: come prendiamo parola e agiamo nello spazio pubblico?
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CONTRO LA VIOLENZA )*( MOLTO PIÙ DI UNA LEGGE

Posted on 2020/07/14 - 2024/04/11 by phrocissime

È in corso oggi una mobilitazione nazionale contro l’approvazione della proposta di legge Zan-Scalfarotto. Secondo gli organizzatori di questa iniziativa il ddl non è considerato solamente inutile: l’omofobia e la transfobia, dicono, sono forme di discriminazione che sarebbero già punite dal “codice penale italiano”.  Gli organizzatori della contestazione di oggi parlano addirittura di deriva liberticida: la legge dicono, è in contrasto con la libertà di opinione.

Li conosciamo bene i cattoreazionari dietro queste piazze, sono quelli del movimento pro-life, della famiglia naturale, gli anti abortisti, quelli che la donna è madre e custode del focolare domestico, quelli che l’omosessualità va curata anche a suon di botte, quelli che la transessualità è perversione.

Gli alfieri e le ancelle dell’oppressione eteropatriarcale oggi scendono in piazza chiedendo che venga tutelata la loro libertà di opinione, ma sappiamo benissimo che stanno parlando della loro libertà di oppressione.

Conosciamo il mondo che vogliono proteggere, ce lo raccontano quotidianamente le ferite e le cicatrici che ci lascia addosso l’eteronormatività delle famiglie in cui nasciamo, delle scuole in cui cresciamo e dei lavori con i quali tiriamo a campare, quando abbiamo la fortuna di avere una famiglia una scuola e un lavoro.

Conosciamo sulla nostra pelle la violenza omolesbobitransfobica. E sappiamo benissimo che l’obiettivo della destra cattolica di declassare l’omofobia, la transfobia, la bifobia e la lesbofobia a problemi da non affrontare mai e da invisibilizzare, è funzionale al mantenimento del sistema di oppressione eteropatriarcale attorno al quale si tutela il privilegio del maschio bianco. Noi ci opponiamo con forza al modello violento della Famiglia tradizionale, quella ingessata nel binarismo di genere e nella sottomissione della femminilità relegata nel corpo della donna biologica.

Sì, la conosciamo la propaganda di quelli che oggi scendono in piazza contro il ddl Zan: Patria Famiglia Chiesa… lo ribadiamo, vogliono unicamente tutelare la loro libertà di oppressione.

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La propaganda cattolica fondamentalista è violenza omolesbobitransfobica e aggredisce le persone LGBTQIA+ – tutte le persone che non sono etero, tutte le persone che non sono cis – rendendosi mandante morale delle violenze che viviamo in quanto lesbiche, gay, frocie, persone trans, non binarie, donne; violenze all’ordine del giorno nelle case, nei luoghi di lavoro, nelle strade, nelle città, nei centri e nelle periferie, da Nord a Sud.

Per queste ragioni è senz’altro necessario per noi esprimere solidarietà per l’approvazione di questo ddl. Certamente.  Ma per noi è soprattutto indispensabile muovere forti critiche a questo approccio legalitario e dire e ribadire che questa legge non basta e quindi non ci aiuta a tutelarci e a protegggerci. Come bene hanno detto le nostre compagne bolognesi, “chiediamo molto di più del ddl Zan!”

Occorre per noi muoverci oltre il concetto di fobia e parlare di violenza cis-etero-patriarcale come problema sistemico che necessita di un contrasto altrettanto sistemico.

Le aggressioni fisiche compiute da singoli individui che questa legge punisce sono solo la punta dell’iceberg; l’omofobia è un problema strutturale alla nostra società ed è principalmente di stato, comincia nelle famiglie, cresce nelle scuole, e finisce nelle prigioni.

Noi non crediamo che inasprire le pene o riempire le galere sia la soluzione ai nostri problemi. Sappiamo che le galere, ancora una volta, le riempiranno con le persone meno privelegiate, mentre dai pulpiti delle chiese e dei media odio e altro odio continuerà a essere seminato legittimando le aggressioni quotidiane alle nostre vite.

Non offriamo campo fertile a chi semina odio.

Contrastare la violenza eteropatriarcale è una lotta di tutti i giorni, perché la violenza è quotidiana e strutturale.

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Ricordiamoci anche che oggi parliamo di questa legge per le pressioni della comunità europea e non per una battaglia che qualche politico e qualche partito vorrebbero intestarsi. Ricordiamoci anche che il testo in fase di approvazione è un testo azzoppato dal compromesso e dall’ipocrisia di stato, uno stato che presta ancora un orecchio complice alle religioni che hanno voluto e permesso che si morisse di aborto, di violenza domestica, di paura della sessualità. Uno stato che vuole punire l’odio ma continua a fomentare il razzismo imprigionando migranti nei CPR.

Rilanciamo quindi e rivendichiamo oggi una battaglia politica che superi l’approccio legalitario e combatta sul piano culturale la violenza etero patriarcale in tutti i settori della nostra società.

Cogliamo quest’occasione, in cui di nuovo i fomentatori d’odio occupano le piazze, per ricordare che la nostra lotta è appena cominciata. Vogliamo una scuola dove vengono abbattute le barriere di genere, classe, razza, orientamento sessuale.  Una scuola che educhi alle differenze di genere – sì, chiamatelo gender se volete: è insegnamento di consapevolezza e libertà, di rispetto di sé e degli altri. Vogliamo educazione sessuale e campagne di prevenzione e riduzione della violenza omolesbobitransfobica. Vogliamo accesso anonimo e gratuito a screening e terapie per tuttx. Vogliamo centri antiviolenza autonomi e gestiti dal basso, con personale formato, in cui per ricevere i finanziamenti e gli aiuti non ci sia l’obbligo di schedare le persone che vi si rivolgono. Vogliamo consultori liberi dalle ingerenze della chiesa e ospedali liberi dagli obiettori, vogliamo case-famiglia e centri di rifugio per chi nella famiglia trova solo violenza e oppressione. Vogliamo un reddito di autodeterminazione, universale, individuale, slegato dal lavoro, per emanciparsi dalle famiglie di origine e sottrarsi alla violenza domestica e anche come risarcimento per essere dellx bambinx e adolescenti queer in una società eteropatriarcale.

Fanno bene a temerci le piazze provita perché vuol dire che hanno capito che siamo qui per sgretolare dalle fondamenta il sistema di dominio oppressione e odio che chiamano libertà ma che è solo violenza e tutela del privilegio.

La rivoluzione o sarà TransFemministaQueer o non sarà.

)*(

La lotta è fica e cula.

////////////////////Ciao a tuttx!////////////////////

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FROCIE A PEDALI, ATTENTE AI BINARI /// le parole della non-biciclettata milanessa ∴ 27/06/2020

Posted on 2020/07/14 - 2024/04/11 by phrocissime

Care amiquex*+,

con enorme piacere e smodato godimento pubblichiamo le parole d’amore che vi abbiamo letto nelle cinque tappe della non-biciclettata, lo scorso 27 giugno a Milano — cliccate sul titolo per leggere il post:

∴ MARCE, NON MERCE /// il discorso con cui apriamo, senza vendere niente

∴ PRENDIAMOCI CURA DI LORO, PRENDIAMOCI CURA DI NOI /// riflessioni sopra e sotto la regione lombardia

∴ PER SARA E PATRICK /// comunicati sull’Egitto e oltre (in preparazione)

∴ RIFLESSIONI SUL PRIVILEGIO BIANCO /// dove capiamo che i tornelli non girano per tuttx nello stesso modo

∴ VIA LECCA /// il discorso con cui chiudiamo, per aprirci a nuove avventure

 

e ci mettiamo anche un’aggiuntina: testo e pdf del volantino di chiusura:

∴ IL TRIANGOLO ROSA /// omonormatività, quotidiano omocausto

 

buona lettura, e marcia sia!

)*(

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