A causa della pandemia globale, i Pride delle varie città sono stati annullati. Nel vuoto determinato dall’assenza delle manifestazioni di pubblico spettacolo, delle sfilate di multinazionali, delle marce depoliticizzate che sono i Pride ufficiali, vogliamo rioccupare lo spazio pubblico, le piazze e le strade con i nostri corpi indecorosi, noi soggette e collettività queer e transfemministe. Per noi il Pride non è un evento mondano al quale è possibile rinunciare, ma una lotta politica, un’alleanza di corpi, una festa con cui riprenderci lo spazio pubblico, risignificarlo, risessualizzarlo e sottrarlo allo sfruttamento capitalista delle persone, delle risorse e delle specie, sottrarlo ai rapporti di forza dell’eteropatriarcato, alla violenza e alle discriminazioni del razzismo.
La pandemia globale da coronavirus e la crisi economica che ha generato hanno mostrato le vulnerabilità dei corpi, dei territori, delle specie e delle popolazioni, ma anche la necessità di costruire reti di mutualismo per superare l’individualismo a favore delle comunità e delle esigenze di chi ha subito maggiormente le conseguenze della crisi. La ricaduta, infatti, è stata fortemente asimmetrica e ha segnato ancora di più le gerarchie neoliberali di classe, di razza, di genere e di sessualità. Come lesbiche, frocie, persone trans, femministe e transfemministe queer abbiamo sempre lottato mettendo al centro la riproduzione sociale e mai come in questo momento è emersa la sua rilevanza rispetto alla produzione. Tuttavia, nonostante la centralità della salute degli individui nel discorso pubblico, il diktat della produzione, dell’estrazione e del profitto si è imposto sulla cura.
In questi mesi abbiamo agito secondo un principio di autoresponsabilizzazione collettiva per il contenimento del contagio e di autogestione critica del distanziamento fisico, nella consapevolezza che per le donne e le persone lgbtiqueer essere ricondotte e isolate a casa ha rappresentato un arretramento nei propri percorsi di autodeterminazione e che spesso il raddoppio di lavoro di cura e smart working, unito al supporto alla didattica a distanza è ricaduto sulle donne e soggettività femminilizzate nelle case, evidenziando il loro ruolo di snodo ri/produttivo della società, del valore e della violenza eteropatriarcale.
Abbiamo scelto di stare dalla parte della cura, terreno che assumiamo come pratica conflittuale. La cura non è infatti intrinsecamente “carina“, “materna“ o “naturale“ ma uno spazio di lotta: lottare per e con cura significa sostenere le lotte per l’accesso alla salute pubblica di tuttx (specialmente per chi si trova in strutture di contenimento come carceri, residenze per anziani, sprar), significa lottare per lasicurezza sul lavoro, per il riconoscimento dei lavori legati alla riproduzione della vita e dell’ambiente, per la casa, significa lottare contro l’arbitrio e la violenzadelle forze di polizia, significa garantire accesso gratuito, indiscriminato e sicuro ascuola e università .
Le retoriche governative familiste e patriottiche non ci rappresentano: i nostri affetti stabili sono tutte le soggettività queer. Non siamo congiunte ma unite nella lotta. Per questo abbiamo attivato nelle città reti di mutualismo e solidarietà queer: per chi non poteva più lavorare, per i/le/* sex worker, per tutte le frocie scappate di casa e imprigionate in città chiuse e ostili, a sostegno di chi a casa ci è dovut* tornare, ricacciat* nella famiglia di provenienza, per i soggetti razzializzati e confinati nelle periferie delle realtà urbane.
Il discorso e la risposta istituzionale alla pandemia e alla crisi puntano ora a un ritorno alla normalità e di nuovo invisibilizzano le soggettività e relazioni queer che quella normalità eteronormativa hanno sempre combattuto. Non siamo solo coppie o famiglie più o meno arcobaleno e non si tratta solo della storica lotta per il riconoscimento delle coppie gay lesbiche. I diritti civili non sono mai separati dai diritti sociali e le lotte per il riconoscimento delle forme di vita di ciascun* sono sempre lotte per la redistribuzione: nelle nostre reti di mutualismo siamo ripartite dalla materialità delle vite queer e reso visibili parentele non di sangue, comunità non “nazionali”, reti di affetto-relazione e cura oltre la famiglia etero o omonormativa. Altre forme di intimità.
Con la pratica dell’autorganizzazione ci costituiamo in rete, attiviamo nodi nelle città e ovunque, e invitiamo tutt* a farlo. Condividiamo ricerche e esperienze sulla salute; partiamo dall’autoinchiesta sui bisogni e sui desideri delle soggettività queer per declinare le forme di mutualismo; affrontiamo in modo intersezionale la questione dei corpi, acquisiamo una prospettiva antispecista per destrutturare le categorie di genere e di specie; ci interroghiamo sul rapporto potere/tecnologie/soggettività attraverso la critica decoloniale alle tecnologie e il loro hackeraggio.
In questo giugno segnato dalla riapertura della produzione e dalle proteste del movimento Black lives matter, riteniamo necessario costruire una rete di realtà lgbtiqueer transfemministe con cui tornare in piazza per un Pride che sia safer e che si connetta alle lotte e ai conflitti sulla cura e sulla redistribuzione della ricchezza, contro il razzismo e la violenza di genere. Siamo lesbiche, frocie, bisex, persone trans, non binarie, sex worker, soggettività razzializzate, terrone, transfemministe, queer, antispeciste e anticapitaliste…
Pertanto, in data VENERDÌ 12 GIUGNO alle ore 19:00 sul canale https://vc.autistici.org/marciona2020
convochiamo un’assemblea di coordinamento nazionale di realtà e soggette transfemministe queer per costruire insieme un calendario di Pride radicali, critici, nelle città e nei territori, uniti da una cornice di rivendicazioni comuni, che superino il modello vetrina dei Pride ai quali siamo generalmente abituate. Costruiamo insieme un documento per chiamare tuttx ad aderire a un Pride queer e transfemminista, stiliamo un calendario di manifestazioni di piazza e organizziamo nelle città modalità di protesta che rispettino il distanziamento fisico e che garantiscano piena accessibilità.
Marciona2020