Care amiche e care amiche,
permetteteci di usare il femminile per tutte le persone presenti in questa piazza. Abbiamo la fortuna, e lo diremo dopo, di non essere, nessuna di noi, un vero uomo.
Abbiamo la fortuna di poter riflettere, e di poter scegliere come parlare — e abbiamo preferito il femminile.
Oggi a Milano il pride “ufficiale”, quello dominato dalle multinazionali che sfruttano il nostro lavoro e i nostri consumi, si è trasformato in cuori bianchi in piazza Duomo. Bello l’amore sì, ma chi se lo può permettere? — noi siamo qui per ricordarci quanto è difficile il percorso che ci porta alla libertà di amare.
È una libertà che si conquista attraverso la libertà di avere una casa, di avere tempo libero dal lavoro, di avere salute fisica e pace mentale. È libertà dalla violenza eteropatriarcale e dello stato. È libertà di lavorare, per chi lavora nel sesso; libertà di migrare per chi cambia paese, senza stigma e senza razzismo. Ed è libertà nelle relazioni, che non si riducono alla coppia e alla famiglia. È libertà di ripensare quello che vuole dire amore e di capire che le nostre relazioni e i nostri affetti si basano principalmente sull’aiuto reciproco, sul mutualismo, sulla sorellanza, sul consenso. Non su un’idea di amore romantico fatto di cuori – bianchi, arcobaleno o di qualsiasi altro colore. E le nostre relazioni e i nostri affetti non si basano neanche su un matrimonio che ci costringe negli schemi eteropatriarcali. Gli stessi schemi che tanto vorremmo abbattere.
Libertà vuol dire libertà di avere un tetto sopra la testa. Non solo avere posti dove ci vendono da bere, ma poter avere una casa. Per arrivare a questa libertà dobbiamo contrastare lo sfruttamento turistico della città, fosse anche arcobaleno, che rende gli affitti inaccessibili, i prezzi delle case inarrivabili, le case popolari e le occupazioni attentati al decoro, da cancellare dal panorama cittadino con sgomberi. Vuol dire che dobbiamo contrastare l’immaginario per cui saremo felici solo se potremo sposarci o diventare genitore1-genitore2 (e genitore3-genitore4 quando?), e invece saremmo promiscue se abbiamo tre amanti e facciamo le orge oppure sfigate e frigide se non vogliamo scopare.
Vuol dire che dobbiamo poter acccedere agli esami e alle terapie per tutte le malattie sessualmente trasmissibili, in maniera anonima e gratuita, e senza permettere che il personale medico ci giudichi per la nostra condotta. E non parliamo solo di HIV, o di PrEP, ma anche di papilloma virus, di epatite A, di epatite C, di sifilide, di gonorrea.
Ci siamo riunite in assemblee milanesi e nazionali dalla fine dello scorso pride. Abbiamo deciso che era arrivato il momento di unire le nostre forze e far sentire insieme le nostre voci, di dare visibilità alla nostra lotta per una società più simile a quella che sogniamo, e che sognando e lottando viviamo.
Siamo nate per contrastare una fiera pubblicitaria del turismo ghei e lesbico, siamo cresciute fino a diventare un grande percorso collettivo, una grande marcia, appunto una Marciona. E questa Marciona adesso si muove in varie città, a Bologna, a Bergamo, a Roma e qui a Milano, animata da decine di realtà, moltissime soggettività, cagne sciolte, frocie perse, cose marce. E siamo marce, perché rappresentiamo tutto quello che il privilegio patinato di certe rivendicazioni maschiliste e borghesi, anche se vestite di arcobaleno, nasconde e disprezza — troppo promiscue o troppo caste, troppo sobrie o troppo drogate, troppo ambigue o troppo straniere, o troppo animali. Ma non siamo allo zoo, anzi – noi gli zoo li vogliamo abbattere e, come ogni animale, non vogliamo essere in gabbia.
Siamo invendibili e ce lo rivendichiamo — SIAMO MARCE, NON MERCE!
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No, non siamo veri uomini. Se la verità del genere e del sesso è quella che stabilisce la medicina che mutila i corpi intersessuali alla nascita, se è quella che ci insegnano di persone che fanno la maglia e altre che pilotano gli aerei, noi preferiamo un’altra verità.
Per questo non c’è neanche un vero uomo tra di noi. Chiediamolo ai nostri fratelli ghei pestati di botte, se se lo sono mai sentito dire, “non sei un vero uomo”. Chiediamolo alle nostre amiche e amici trans, se sono “veri uomini”. Chiediamolo alle amiche lesbiche, alle amiche bisessuali, chiediamolo alle donne. Chiediamolo ai maschi eterosessuali che però lottano con noi, che devono sentirsi dire che fanno cose da donne, che fanno cose da froci.
No, non siamo veri uomini, e se essere uomini è la mascolinità tossica e violenta dentro cui siamo state costrette a vivere, tante grazie — meglio così. Certo, stiamo generalizzando, e usando un genere solo per tutte le persone presenti. Non lo facciamo per appropriarci del femminile, non lo facciamo per sovradeterminare le scelte di genere individuali.
Se per secoli è andato bene che anche un solo uomo nella stanza bastasse per farci usare il maschile, be’ a noi basta anche una sola donna a farci usare tutte il femminile.
Ce lo insegnano alcune amiche femministe: uomo e donna sono categorie di oppressione, catene. E noi queste catene, care amiche e care amiche, adesso le usiamo per giocare, ma siamo qui per spezzarle. E quindi, ce ne andiamo belle, femminili, e plurali, in grande leggerezza!
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Oggi a Milano vi proponiamo una non biciclettata in cinque tappe
– La prima è questa qui a PT
– La seconda sotto il palazzo della Regione Lombardia — dove parleremo di cura
– La terza ai giardini Gregor Mendel, sul lato di viale Sondrio — dove ricorderemo Sara e Patrick
– La quarta in stazione centrale — dove parleremo di privilegio bianco
– La quinta e ultima sarà in via Lecco — dove parlaremo di omonormatività
Distanziamento sociale e distanziamento fisico. La nostra è una rete solidale, che si basa sulla vicinanza e il rispetto reciproco. La nostra distanza sociale vuole essere zero. Su quella fisica chiediamo consenso, consapevolezza, attenzione. Sappiamo come si può contrarre il covid – così come sulla nostra pelle abbiamo imparato a conoscere come si diffondono mille altre infezioni – e nei presidi di oggi vi invitiamo a fare attenzione a prendere tutte le precauzioni che ritenete necessarie.
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La non-biciclettata queer-femminista-trans delle marcione esprime piena solidarietà ai movimenti antirazzisti e alle lotte delle persone razzializzate. Da circa un mese la lotta del Movimento Black Lives Matter si è intensificata dopo l’uccisione di George Floyd e accogliamo con gioia la forza che trasmette. La nostra solidarietà è estesa anche alle rivolte contro il sistema di supremazia bianca e il colonialismo, la rabbia delle persone afroamericane e razzializzate si è indirizzata anche contro il Sistema Capitalista — perché il capitalismo trae forza dal razzismo.
Non commettiamo l’errore di pensare che il razzismo di Stato si verifichi altrove (negli stati uniti) e solo quando uno sbirro uccide una persona di colore. Quest’Italia bella finge di non vedere quanto odia tutte le persone che non sono abbastanza etero o abbastanza italiane. Tutt’al più le tratta con sufficienza, come un fenomeno di colore.
Anche nei CPR italiani, Centri di Permanenza per il Rimpatrio, le persone senza documenti, moltissime delle quali razzializzate, si sono rivoltate e hanno distrutto le strutture che le tenevano prigioniere, portando molte volte alla chiusura dei centri. I CPR sono luoghi di detenzione amministrativa, centri di xenofobia istituzionalizzata. Noi a questi movimenti, a queste ribellioni, portiamo solidarietà. Sappiamo benissimo che tutti i centri di detenzione, tutti i carceri e le prigioni, spesso, troppo spesso, non fanno altro che escludere dalla società le persone che già sono private dei privilegi di razza e di classe.
Le politiche sull’immigrazione nei paesi occidentali sono forme di violenza razzista e vanno combattute. Vanno combattute perché legittimano le aggresioni fisiche e verbali contro le persone razzializzate, attizzano il fuoco del pregiudizio, dell’ignoranza e dell’odio, e ostacolano la solidarietà e la libertà che per cui vogliamo vivere e lottare.
Il razzismo è una questione queer: le persone razzializzate che sono bisessuali, trans*, lesbiche, gay esistono e devono affrontare, oltre al razzismo, anche tutto l’odio, il disprezzo e la condanna sociale chiamati lesbofobia, bifobia, transfobia, omofobia e bigottismo. Ricordiamo prima che fobie o paure, queste sono forme di odio. È indispensabile una lotta frocia che tenga conto anche di come il razzismo costruisce e controlla le nostre identità e le nostre vite.
SOLIDARIETÀ QUEER CONTRO OGNI FORMA DI RAZZISMO!
∴ mai abbastanza? trovi tutte le parole d’amore del 27.06.2020 queer e ora