Il 25 giugno 2021 scesə in piazza a Milano per la Marciona, una manifestazione queer trans femminista di soggettività e collettività che resistono alla mercificazione delle persone LGBTQIA+ e alle discriminazioni e violenze omolesbobitransfobiche, razziste, sessiste e classiste. In questi giorni pubblichiamo sulla blogga i testi degli interventi letti nei vari presidi in cui ci siamo fermatə.
*******************************************
Ogni anno, in occasione del pride, le grandi aziende si mascherano con i colori dell’arcobaleno per sfruttare a loro vantaggio le rivendicazioni della comunità LGBTQIA+.
Attraversiamo le strade milanesi per opporci a questo sistema del profitto, che sfrutta i nostri corpi e strumentalizza i nostri diritti, perché SIAMO MARCE, NON MERCE!
Vogliamo dire alle multinazionali che non basta aggiungere un arcobaleno a giugno per cancellare sfruttamento dex lavoratx e sfruttamento animale, razzismo sistematico (e sistemico), classismo, devastazione dei territori, inquinamento, sgomberi delle comunità indigene, discriminazione di genere e altre atrocità che operano quotidianamente queste enormi compagnie.
Per noi non essere eterosessuali o non essere cissessuali vuol dire ribellarsi e lottare contro le logiche del sistema capitalistico.
L’amministrazione cittadina promuove un’immagine di Milano europea, aperta, cosmopolita, all’avanguardia. Una retorica che vede la città come un’azienda, e non come uno spazio abitato, che vede la casa come macchina da soldi e non come diritto, una retorica funzionale solo all’accumulazione del capitale e alla promozione dell’ideologia dominante.
A moltx di noi non dispiace che esistano locali arcobaleno, ma ci chiediamo che tipo di socialità si promuove a Milano. Una socialità mediata dalla merce e dall’immagine. Una socialità utile a un sistema economico che è riuscito a estrarre capitale monetario persino dal modo in cui le soggettività vivono il corpo, la sessualità e le relazioni, da cui ha eliminato gli aspetti ritenuti “indecorosi” e non redditizi per creare simboli da rivenderci. Quella socialità che ti dice: consuma, per non pensare all’oppressione che vivi. Quella che se non consumi ti taglia fuori. L'”inclusione” promossa dal capitale non è altro che la creazione dell’ennesima nicchia di mercato, ma la lotta queer non è una lotta per l’inglobamento in un sistema economico escludente. Le soggettività queer non sono un mondo immaginario a pagamento o uno strumento di promozione del mercato immobiliare.
Vogliamo la libertà di avere un tetto sopra la testa e uno spazio urbano realmente pubblico, libero e sicuro – uno spazio di vita e non di sopravvivenza. Non vogliamo solo posti dove ci vendono da bere, ma case dove abitare e spazi di socialità liberi e sicuri.
Vogliamo occupare spazio nella città, vogliamo molti più spazi autogestiti dove siamo noi a decidere, luoghi sicuri e attraversabili da tuttx e dove possiamo essere liberx di autodeterminarci.
Per arrivare a questa libertà dobbiamo contrastare la gentrificazione e lo sfruttamento turistico della città, anche quello arcobaleno, che rende gli affitti inaccessibili, che vede le case popolari e le occupazioni come attentati al decoro, da cancellare dal panorama cittadino con sfratti e sgomberi.
A Milano, e in quello che chiamano rainbow district, siamo in uno spazio liberato o semplicemente in una miniera di profitto?
Si parla di come siamo vestitx, e non di come possiamo liberarci dalla schiavitù dell’industria della moda.
Si parla di comprare una seconda casa, e non di occuparne una.
Si parla di fare carriera in azienda e non di sfruttamento del lavoro.
Si parla di vacanze a Tel Aviv e non di colonialismo.
Basta un arcobaleno per rendere accettabili i bombardamenti e l’occupazione israeliana sui territori palestinesi?
Questo è capitalismo mascherato da libertà, questa è solo una nuova forma di oppressione coloniale.
Per noi essere altro rispetto alla norma etero-cis significa vivere la società secondo altre regole.
Non significa costruire una vita omonormata, modellata sulla base di quella eteropatriarcale.
Le nostre relazioni e i nostri affetti non si basano su un matrimonio che ci costringe negli schemi eteropatriarcali legati al possesso e alla proprietà. Noi rifiutiamo questi schemi.
Il punto non è il diritto ad essere “normalx“, addomesticatx, istituzionalizzatx, ma è il diritto alla differenza e alla dissidenza. Il problema non è l’eccezione, il problema è il sistema che la rende tale!
Veniamo sfruttate come bestie, ma non allo stesso modo degli animali allevati e torturati per la loro carne, le loro uova, la loro pelle. Essere contro la norma etero-cis patriarcale significa opporsi anche allo sfruttamento e alla mercificazione dei corpi animali, imprigionati negli allevamenti intensivi dove mutilazioni, sovrappopolamento, spazi vitali ridotti al minimo e crudeltà sono la norma.
Per noi identificarci al di fuori dell’eterosessualità e della cissessualità vuol dire soprattutto avere uno sguardo critico sulla società etero, cis, patriarcale e sulle sue sbarre mascherate da senso del decoro. Vuol dire capire che la discriminazione e oppressione che viviamo è insita in altre forme di dominio, come il razzismo, il sessismo, lo specismo e il capitalismo.