Il 25 giugno 2021 siamo scesə in piazza a Milano per la Marciona, una manifestazione queer trans femminista di soggettività e collettività che resistono alla mercificazione delle persone LGBTQIA+ e alle discriminazioni e violenze omolesbobitransfobiche, razziste, sessiste e classiste. In questi giorni pubblichiamo sulla blogga i testi degli interventi letti nei vari presidi in cui ci siamo fermatə.
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Siamo studenti, studentesse, studentu, student*: Sappiamo che il cambiamento socioculturale e la decostruzione del modello cis-etero-patriarcale si porta avanti a partire dai luoghi della formazione: vogliamo scuole, università e accademie inclusive e accoglienti.
Pretendiamo di vivere i nostri spazi in maniera sicura e che siano attraversabili da tutte le soggettività queer, che siano spazi in cui tutti gli individui siano liberi di autodeterminarsi.
La violenza cis-etero-patriarcale si combatte con la conoscenza e attraverso misure adeguate: come studentx pretendiamo un’educazione sessuale e affettiva che non sia etero-cis-normata.
Nel nostro paese non esiste una formazione che educhi realmente alle differenze, superando il concetto stesso di disuguaglianza.
Pretendiamo un’educazione sessuale e affettiva che scardini i tabù presenti nella nostra società, accompagnata non solo da una campagna di prevenzione alle MTS, ma che imponga l’atto del consenso alla base di qualunque rapporto sessuale.
Pretendiamo un’educazione sessuale e affettiva che non releghi la figura della donna ad una condizione di subalternità rispetto al privilegio maschile.
Pretendiamo una un’educazione sessuale/affettiva che dia visibilità a tutte le soggettività, attraverso del personale formato su temi di genere e orientamento sessuale: siamo stanche di vivere le nostre esposizioni in modo invisibile e disattento, siamo stufx di essere vincolatx ad una lettura condizionata dalla classificazione binaria di genere.
Vogliamo un cambiamento anche negli spazi fisici che attraversiamo: è fondamentale che nelle nostre scuole, università e accademie ci siamo dei CAV e consultori laici, accessibili e gratuiti con delle persone formate non solo con l’obiettivo di essere di reale supporto allu studentu ma anche a tutta la componente lgbtqia+.
All’interno degli spazi che viviamo quotidianamente oltre a proporre come strumenti di liberazione sessuale la distribuzione gratuita di assorbenti e preservativi, abbiamo ottenuto delle integrazioni e modifiche sui regolamenti delle carriere alias poiché ogni individuo deve esercitare la libertà di poter essere nominatu nel modo in cui si identifica.
Continueremo a lottare affinché questo sia possibile.
Continueremo a lottare per avere delle carriere alias che non impongano l’inizio di un percorso di transizione e che non prevedano l’obbligo di diagnosi di disforia di genere.
Come soggettività queer non possiamo piegarci ad una regolamentazione che non tiene conto dell’esistenza delle identità non binarie e di tutte le identità sullo spettro del genere.
Questa rivoluzione è necessaria anche al garantire l’utilizzo dei pronomi e/o del nome scelto in qualunque momento e ambito, anche in tutti i contesti quotidiani.
Come studentu, abbiamo constatato e subìto in prima persona gli effetti e le conseguenze della didattica a distanza.
In questi mesi siamo statu oggetto di continue modifiche alle nostre abitudini, poiché anche attraverso la mancanza della socialità e del privilegio di creare delle reti siamo diventati martiri di tutto il tragitto neoliberista che in tutti questi anni ha solamente perpetuato l’idea dei luoghi della formazione relegati solo al compito di elevare un determinato numero di persone, escludendo chi non può permettersi di iniziare un percorso didattico, e di non tutelare le individualità anche dai rischi psicologici che l’emergenza pandemica ci ha regalato.
Abbiamo sperimentato la mancanza di creare delle relazioni non solo fondamentali per la crescita degli individui, ma anche necessarie per l’opportunità di costituire uno spazio sicuro in cui il legame è alla base della formazione di un’identità collettiva e di uno spazio sicuro che contrasti anche il fenomeno della dispersione scolastica.
In questi giorni il dibattito nazionale si sta accendendo sul legame fra stato e chiesa, che non perde mai l’occasione di far ingerire i suoi interessi ad un’organismo che si definisce laico.
Il loro intervento riguarda soprattutto il timore di non avvalersi più delle scuole come strumento di radicamento di pensiero a causa di una società che vede l’inesistente ideologia gender come responsabile di aver annullato il ruolo della famiglia biologica come unico luogo naturale di sviluppo della società.
A maggior ragione ci ribelliamo al clero bigotto bastardo che oltre a minare la laicità dello stato, vuole anche andare contro il principio di libertà dei nostri corpi.
Desideriamo quindi una decostruzione della narrazione patriarcale anche negli strumenti fornitici per la formazione: vogliamo una narrazione non influenzata da un’esposizione coloniale ed eurocentrica che non riconosce come portatrici di cambiamento le persone queer e razzializzate.
Vogliamo un modello che garantisca l’autonomia dellu studentu nelle proposte tematiche e negli interventi a sostegno delle soggettività LGBTQIA+ nelle scuole, limitando l’ingerenza dei genitori garantita dal patto di corresponsabilità.
Le nostre rivendicazioni devono essere inclusive e radicali, affinché il privilegio cis-etero venga sconfitto in tutti i contesti e nei luoghi della formazione.
Devono esserlo affinché scuole, università e accademie siano libere dalle logiche di mercato, dell’eccellenza e del capitale, nemico comune sia per la comunità studentesca che quella queer, che in questi anni ha avuto come tra le poche occasioni di visibilità il fenomeno del rainbowashing.
Devono esserlo affinché i nostri luoghi della formazione siano uno strumento di autodeterminazione e liberazione, non uno strumento accessibile a pochi.