“Le persone transessuali non esistono”
Sheila Jeffreys @arcilesbica – 31/5/2020
Abbiamo appena finito di ascoltare il webinar di Sheila Jeffreys ospitato da Arcilesbica.
Ci fanno male le orecchie. Vi presentiamo alcuni degli argomenti più agghiaccianti che quest’associazione, a statuto formalmente antifascista, ci ha propinato.
Tanto l’intervento introduttivo quanto l’intervento della relatrice hanno presentato come primo argomento una critica del transfemminismo. Se non nulla – assolutamente nulla –, senz’altro poco – veramente poco – riguardava le donne. O le lesbiche. Il centro dell’esposizione e della discussione è stato tenacemente occupato da una preoccupata, nervosa attenzione per tutta la sfera trans, da transessualità a transfemminismo.
La nostra relatrice, Sheila, che si identifica come donna, ha negato di avere un’identità di genere. Ha anche negato che esistano davvero persone trans.
La transessualità è stata spiegata, come ci aspettavamo, come disforia di genere. Donne e uomini trans, “imitano” donne e uomini biologicx, ma niente è stato detto su come le identità “cis” imitino i modelli di genere – o se non vogliamo usare questa parola – i modelli sociali correnti. Che sono esattamente quelli in cui si realizza l’oppressione delle donne in primis, e di tuttx noi in genere.
Ma questi sono argomenti seri. I momenti più raccappriccianti avevano invece i tratti della pura fantascienza. Delle donne trans, da più partecipanti chiamate semplicemente “uomini”, si è detto che rubano gli assorbenti usati dai bagni delle donne, si è detto che si rendono protagoniste di atti di violenza nelle prigioni femminili. Si è detto che la transessualità è una parafilia. Mutuando in quest’ultimo caso il linguaggio della scienza scritta da uomini, quella di due secoli fa: la stessa che ha classificato le donne come isteriche, la stessa che torturava, con la scusa di parafilia e disforia, tutte le persone omosessuali e trans. Abbiamo anche imparato autoginofilia, una forma di parafilia che a detta di Sheila è una perversione di chi ama la componente femminile nel suo corpo maschile… una cosa del genere, anzi, ci verrebbe da dire una questione di genere, ma ci sembra difficile che possano averlo detto nella nostra conferenza.
Le persone trans, a detta di Sheila, esistono solo da pochi decenni. Certo, finché ci riferiamo alla storia e alla scienza scritte da uomini eterocis, bianchi e colonizzatori, gli stessi che hanno impedito alle donne di essere lesbiche, o scienziate o letterate, gli stessi che hanno provato come potevano a cancellarne le tracce dalla storia e dalla scienza che scrivono. Ricordiamoci che sono quella stessa scienza e quella stessa cultura di uomini bianchi che hanno giustificato il genocidio dei popoli colonizzati, e ne hanno cancellato il più possibile la storia e i saperi – compresi quelli riguardanti le identità, pre-colonizzate, che si ponevano al di fuori della norma eterosessuale e cissessuale.
Le trans violentatrici, ladre di assorbenti e perverse hanno occupato il posto centrale del discorso. Non una parola sulle persone trans psichiatrizzate, sulla difficoltà dei percorsi di transizione (e il controllo dello stato sulle scelte individuali), non una parola sul perché le donne trans finiscano in galera: o meglio, ci finiscono per ‘sex crimes’ – e questo è stato fatto passare, in un colpevolissimo silenzio, come indizio che si tratti di maschi violentatori, senza dire una parola sul fatto che il “crimine sessuale” che sbatte più spesso le persone in cella non è aver stuprato, ma essersi prostituitx.
(Sul sistema delle carceri, non una parola. Sulla prostituzione, altre e varie atrocità abbiamo dovuto ascoltare. Nessuna distinzione è stata fatta tra tratta e lavoro sessuale, tantomeno è stata fornita una linea politica di azione per relazionarsi al fenomeno. Così come non si è per esempio parlato di aborto, di accesso a cure e prevenzione, di malattie sessualmente trasmissibili, di che cosa significhi essere donna o lesbica in questa società, oltre il rapporto con le persone trans. In generale non si è detto niente sul sessismo della società, a parte un bouquet di sessismi vari: per coglierne i più bei fiori, che i sessi sono due e non si cambiano, che le trans ci rubano le donne e il lavoro, e che le giovani lesbiche sono traviate dai maschi gay per costringerle a fare una transizione – ma su questo torneremo).
Nella retorica di quest’incontro, quasi risulta che le donne trans carcerate siano vittime di stupro in strada che dietro le sbarre si trasformano di colpo in stupratori. Nessuna parola è stata detta per la violenza che le persone trans subiscono a tutti i livelli della società, sulle difficoltà che incontrano in tutti gli ambienti che la legge definisce “per uomini” o “per donne”, e da parte dello stesso stato che impone percorsi di transizione che poco differiscono da processi di psichiatrizzazione.
Al primo asterisco apparso in chat, le sedicenti femministe si sono inalberate ricordandoci che nella “nostra” grammatica esistono solo maschile e femminile, singolare e plurale – di fatto corroborando la logica patriarcale della “nostra” grammatica (dove “nostra” sarebbe l’italianissima grammatica) che fa sparire nel maschile tutte le donne, non appena anche un solo uomo entra nel gruppo.
Le giovani lesbiche sarebbero traviate dagli uomini omosessuali, per invogliarle a diventare uomini trans. Che le giovani lesbiche potessero parlare per sé non è stato preso in considerazione. Forse perché giovani e donne, due categorie di sesso e di età che le organizzatrici dell’incontro avranno trovato limitanti? Secondo le donne di Arcilesbica chi è clinicamente identificata come donna, ma non si identifica nella categoria, è “tristemente confusa” dal patriarcato, che le propone solo un modello falsato di “donna”, ossia il genere, non aderente alla sua personalità. Questo ci sembra un buon inizio per Arcilesbica. Magari a partire da qui capiranno un giorno che ragionare in termini di genere scardina proprio la categoria patriarcale e oppressiva di donna.
Siamo consapevoli di quanto possa essere faticosa l’ascesa nelle gerarchie eteropatricarcali dell’accademia. Siamo solidali con chi, guadagnatasi l’accoglienza in quelle strutture, reputi legittimo riposarsi e non fare più ricerca. Ma certo quel che abbiamo sentito oggi non ha tenuto molto in considerazione quasi tutto quel che è stato pubblicato dopo il 1989, mentre sembrava molto aggiornato sulle risse nei pub inglesi.
Siamo state anche stupite dalla centralità di interventi dati a donne non lesbiche, e adorne di tutti i segni della schiavitù patriarcale, dal trucco, ai capelli lunghi – e tutto questo mentre invece si sosteneva che le drag queen sono un argomento “problematico”, perché si appropriano della femminilità. Si direbbe dunque che nella prospettiva di Arcilesbica essere dichiarata femmina alla nascita (magari da medici uomini) equivalga a votarsi a un futuro di tacchi a spillo e locali notturni. Questa è dunque la femminilità? Noi crediamo invece che quel che vediamo in drag sia solo uno dei tanti modi di interpretare ed esporre, anche al riso, i meccanismi dei ruoli di genere imposti in questa società. Ringraziamo lx compagnx che rinunciano ai loro privilegi per esporci in drag tutte le contraddizioni dei modelli di genere. Gli stessi modelli a cui sfortunatamente anche molte delle partecipanti all’incontro di oggi sembrano uniformarsi, tristemente neanche confuse da quello che stanno facendo.