Il 25 giugno 2021 scesə in piazza a Milano per la Marciona, una manifestazione queer trans femminista di soggettività e collettività che resistono alla mercificazione delle persone LGBTQIA+ e alle discriminazioni e violenze omolesbobitransfobiche, razziste, sessiste e classiste. In questi giorni pubblichiamo sulla blogga i testi degli interventi letti nei vari presidi in cui ci siamo fermatə.
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La terza fermata della manifestazione è stata in Corso Cristoforo Colombo, rinominato Corso della Resistenza Indigena. I discorsi preparati per questo presidio sono stati interamente preparati e letti da persone razzializzate lgbtq+. Li riportiamo qui divisi in due parti, in questa seconda trovate due poesie – in lingua originale con la traduzione in italiano – e una lettera di denuncia del razzismo negli ambienti queer.
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– Poesie:
Nuestra venganza es ser bonitas
di Waquel Drullard, marika etero dissidente, senza un identità sicura, mostro controsessuale e anti coloniale.
Ser bonita no es un tema artístico. Es lo más alejado a eso. Ser bonita es un escupitajo en la cara de lxs amxs de la plantación. Es ser cautivadora cuando se te define como ordinaria, es justamente eso, ser extraordinaria, es ser sol y luna, fuego y aire, colinas y llanuras, es ser tierra. Es reconocer nuestra complicidad anticolonial con el territorio contra la razón extractiva de la globalización. Las bonitas somos las prietas, las negras, las indias, las mestizas, las racializadas, somos las que quisieron nombrar feas, toscas y brutas. Nuestra bonitez no es racional, no tiene métrica, es encarnada. Se nace bonita, no se llega a serlo. Nosotras las bárbaras y calíbanas no llegamos a ser bonitas, porque para llegar a ser, hay que aspirar dentro de la matriz de inteligibilidad humanista, nosotras nacemos bonitas porque nuestra lindura es la herida colonial, son las sombras, lo bestial y lo desbordado de nuestra no condición humana. Es fundacional. No somos una condición, no nos convertimos como en Iglesias, somos en sí mismas las bonitas de la tierra.
La venganza de las bonitas es un movimiento fronterizo que despierta potencias corporales que fueron enterradas por la razón colonial del régimen de la belleza moderna. La venganza de las bonitas exige lo robado y destierra al colonizador, a la dictadura de la blancura.
“Una lista de las bonitas:
Las marikas somos bonitas,
los pájaros, las mujercitas y los partios desde chiquitos, somos bonitas,
las negras somos bonitas,
las indias somos bonitas,
las mestizas somos bonitas,
las africanas y asiáticas…la lindura es geográfica también, las bonitas no son europeas, no tienen nación,
las travestis somos bonitas,
las trans somos bonitas,
las trabajadoras sexuales son bonitas y las abolicionistas son feas,
las vogueras somos bonitas,
las subalternas despropiadas tercermundistas racializadas somos bonitas
las barriales y periféricas son bonitas,
las que usan el metro, las combis, las guaguas, los motoconchos y conchos son bonitas,
las no blancas son las bonitas, y esa es nuestra mayor venganza, en palabras de la India Canela.
[italiano]
La Nostra vendetta è essere bellx
Essere belle non è un tema artistico. È la cosa più lontana da questo. Essere carin è uno sputo in faccia agli ami delle piantagioni. È essere accattivante quando sei definit una persona volgare, è essere proprio quello una persona straordinaria. È essere sole e luna, fuoco ed aria, colline e pianure, è essere terra. È riconoscere la nostra complicità anticoloniale insieme alla territoria, contro le ragioni estrattive della globalizzazione. Noi belle siamo nere, indigene, meticce, razzializzate. Siamo quelle che hanno voluto nominare brutte, rozze ed ignoranti.
La nostra bellezza non è razionale, non ha metrica, è incarnata. Si nasce belle, non si diventa. Noi, le barbare e calibane, non arriveremo ad essere belle, perché per arrivare ad esserlo, dobbiamo aspirare all’interno della matrice dell’intelligibilità umanistica, nasciamo belle perché la nostra bellezza è la ferita coloniale, siamo le ombre, ciò che è bestiale e tutto ciò che si trova ai margini della nostra non condizione umana. È fondamentale. Non siamo una condizione, non ci convertiamo come in chiesa bensì siamo le belle della terra.
La vendetta delle belle è un movimento di confine che risveglia poteri corporei che sono stat seipolti dal regime moderno di bellezza. La vendetta si riappropria di tutto ciò che è stato rubato e bandisce il colonizzatore, la dittatura della bianchezza.Una lista delle belle:
Le marikas siamo belle,
gli uccellini, le femminucce e quelli che erano così da piccoli siamo belle,
le nere siamo belle,
le indigene siamo belle,
le meticce siamo belle,
le africane e le asiatiche… la bellezza è anche geografica, le belle non sono europee, non hanno nazione,
le travestite siamo belle,
le trans siamo belle,
le lavoratrici sessuali sono belle e le abolizioniste sono brutte,
le vogueras siamo belle,
le subalterne del terzomondo siamo belle,
le abitanti dei quartieri popolari e delle periferie sono belle,
quelle che prendono la metro, i guaguas, las combis, los motoconchos y conchos sono belle,
le non-bianche sono le belle e quella è la nostra più grande vendetta, per dirla con le parole della India Canela.
No soy queer, soy negrx
Poesia tratta da “No soy queer, soy negrx” di yos piña narváez: migrante-nomade in processo vivo di decolonizzazione, dissidente del regime bianco-etero-capitalista-coloniale. Intensamente ner.
Sujetos deseables se hacen llamar rarxs,
monstrxs, mutantesPrivilegiadamente rarxs pero que habitan
en Grindr y los circuitos del deseo del
capitalismo/colonialismo rosaPrivilegiadamente blancxs queer de clase media
okupas son sábanas arcoírisPrivilegiadamente blancxs queer con
doctoradosPrivilegiadamente blancxs queer con becas
Privilegiadamente blancxs queer con cargos
públicosPrivilegiadamente blancxs queer con visas
SchengenPrivilegiadamente blancxs queer con
pasabilidad de fronterasPrivilegiadamente blancxs queer con
pasabilidad de las fronteras en lxs baños.
Las únicas fronteras que no pasan lxs blancxs queer son las fronteras de los Centros de Internamiento para Extranjerxs. Allí está la carne más barata del mercado, la carne negra, sudaka, racializada.
[italiano]
Non sono queer, sono ner
Soggetti desiderabili si fanno chiamare stran,
mostr, mutantiPrivilegiatamente stran ma abitano
Grindr e i circuiti del desiderio del
capitalismo/colonialismo rosaPrivilegiatamente bianc queer di classe media
squatter con lenzuola arcobalenoPrivilegiatamente bianc queer con
dottoratiPrivilegiatamente bianc queer con borse di studio
Privilegiatamente bianc queer impiegat
stataliPrivilegiatamente bianc queer con visto
SchengenPrivilegiatamente bianc queer con
possibilità di attraversare frontierePrivilegiatamente bianc queer con
possibilità di attraversare frontiere nei bagni.
Le uniche frontiere che le persone bianche queer non attraversano sono quelle dei Centri di Internamento per Stranier. Lì trovi la carne più economica del mercato, la carne nera, sudaka, razzializzata.
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Lettera di denuncia del razzismo negli ambienti queer
Alla cortese attenzione delle persone queer bianche, delle persone queer che godono di privilegio bianco, delle persone queer che traggono vantaggio dalla bianchezza.
Scriviamo colletivamente questa lettera partendo dai nostri vissuti di persone LGBTQ+ razzializzate per denunciare apertamente il razzismo presente nella comunità quir con cui ci rapportiamo.
Oggi non ci servono applausi, ci servono ascolto e messa in discussione.
Lasciateci dire cos’è il razzismo: il razzismo è un sistema di oppressione, di pratiche coloniali e abusi, che ancora oggi esistono e vengono riprodotte, con l’obiettivo di controllare tutto ciò che non è bianco, che non è profitto per pochi, che non è capitalista. Non fate confusione, il razzismo non è maleducazione, non è un’offesa personale, non è “scorretezza” politica. Il razzismo è un sistema di oppressione. Il razzismo lo vediamo nella curiosità invadente, nello sguardo che ci guarda solo come corpi erotici perché “esotici”, nella cosiddetta “inclusività” che in fondo ci vuole come quote e non come collettività, escludendoci nuovamente, ostacolando la possibilità di parlare per noi e a noi. Il razzismo lo vediamo quando ci chiedete da dove veniamo prima di chiederci come ci chiamiamo, quando ci parlate in altre lingue senza nemmeno sapere se le conosciamo, quando usate la nostra amicizia per vantarvi del fatto che siete persone dalla “mentalità aperta”.
Quando denunciamo il razzismo, troppo spesso la reazione delle persone bianche è quella di mettersi sulla difensiva e giustificarsi. Questa dinamica ha un nome: fragilità bianca. Perché sentite il bisogno di giustificarvi? Non solo non abbiamo bisogno dei vostri sensi di colpa, ma soprattutto non sono utili alla lotta! Se avete commesso un atto razzista, chiedete scusa, ma non pretendete il nostro perdono, e non pretendetelo subito. Non incentrate tutto sull’ottenere una qualche forma di perdono, non mettete sempre la vostra persona e i vostri sentimenti e pensieri al centro del discorso; così facendo spostate nuovamente il focus su di voi. Non imponeteci i vostri tempi, velocizzati spesso dal vostro desiderio di non sentirvi razzisti e in errore troppo a lungo.
D’altronde, la vera domanda non è se siate o meno razzisti, ma quanto stiate lavorando e ascoltando per invertire la rotta.
La fragilità bianca nasce dalla vostra bianchezza, e non stiamo parlando del colore della vostra pelle. Definiamo come Bianchezza tutto ciò che è legato alla “Razza Bianca”, concetto generato in termini storici, sociali, politici e culturali e che, di conseguenza, non corrisponde a qualcosa di biologico o naturale. La sua naturalizzazione, in quanto identità neutra e normativa, ha contribuito al mantenimento del privilegio Bianco con la presunzione di universalità, intendendo come Altr coloro che non rientrano nel canone eurobianco. Pertanto, s’intende che le persone non-bianche possiedano una Razza, così come una serie di specifiche caratteristiche che le rendono inferiori e che derivano dalla stessa razza, mentre le persone bianche sono semplicemente persone. Quindi quando diciamo persone bianche non ci riferiamo alla vostra pigmentazione ma a cosa essa rappresenta.
Anche oggi siamo qui a spiegare e sviscerare la bianchezza e la fragilità bianca: non siamo obbligate a farlo, eppure crediamo sia necessario che voi capiate che il privilegio bianco va riconosciuto e utilizzato per distruggere il sistema di oppressioni e sfruttamento, costruito per tenere in vita il capitalismo colonialista bianco etero-cis-patriarcale. Se volete essere anti-razzist, iniziate ad educarvi: ci sono fiumi di libri e materiale audiovisivo che trattano questi temi. Se volete essere educati da noi, pagate, retribuiteci, e non solo attraverso il denaro. La vostra pedagogia anti-razzista non è una nostra responsabilità.
Se da un lato non dobbiamo essere noi a insegnarvi l’antirazzismo, dall’altro non dovete essere voi a spiegarci cos’è il razzismo, e come organizzarci per combatterlo, perché lo conosciamo bene, lo viviamo sulla nostra pelle. Quando ci parlate della violenza delle frontiere, della violenza della polizia, della violenza del colonialismo, credete davvero che conoscerne i tecnicismi possa essere paragonabile alla conoscenza per esperienza diretta, da generazioni?
La dinamica della spiegazione bianca si presenta anche fin troppo frequentemente quando denunciamo il razzismo, dinamica che viene utilizzata anche per sminuire gli atti razzisti che viviamo. Se diciamo che le persone bianche non possono usare la parola con la N, non dovete dirci che si tratta solo di una goliardata o di una svista, che il vero razzismo sono i pestaggi o l’esclusione dagli spazi. Se vi diciamo che non vogliamo essere chiamat “di colore”, ma preferiamo essere chiamat persone nere o marroni, non diteci che la vostra è una forma di cortesia, che vi è stato insegnato che questo è il modo educato di parlarci (o di parlare di noi), che non ci dobbiamo offendere perché le vostre intenzioni sono buone. Lo ripetiamo, non dovete spiegarci cos’è il razzismo: smettete di occupare tutto lo spazio, le nostre storie e battaglie le raccontiamo noi.
Quando siamo circondat da persone bianche, quando siamo le uniche persone razzializzate nella stanza, lo sguardo su di noi diventa pesante.
L’esotizzazione dei nostri corpi è visibile e tangibile, viene riprodotta anche da persone con cui condividiamo spazi fisici, rapporti di fiducia e affetto, non solo dalle istituzioni e dal capitale. Quando le persone bianche vogliono fare amicizia con noi o quando vogliono provarci con noi, spesso tentano come primo approccio quello dell’esotizzazione. Come parli bene italiano, che bella pelle che hai, che bei capelli. Addirittura questi commenti sui nostri corpi razzializzati sono accompagnati dall’invasione del nostro spazio personale e dalla violazione del nostro consenso, le persone bianche si sentono legittimate a toccarci senza chiedere permesso!
Siamo costantemente ipersessualizzat dai vostri occhi. Il vostro desiderio di toccarci, di sperimentarci, di possedere i nostri corpi, quel desiderio che non riuscite a trattenere e che esplicitate in modi aggressivi e non consensuali, è dato dallo scarso impegno che mettete nel liberarvi da uno sguardo coloniale, che per centinaia di anni ha oggettificato e costruito stereotipi sui corpi de nostr antenat.
Non siamo vostr per essere guardat, ammirat, mercificat, comprat. La vostra curiosità è violenza sui nostri corpi.
Se volete essere antirazzist, smettete di essere conniventi. Anche voi persone bianche dovete richiamare gli atti di razzismo nel momento in cui ne siete testimoni e non aspettare che lo faccia sempre una persona razzializzata. Il vostro silenzio è complicità.
Se volete essere antirazzist, smettete di isolarci. Fate da tramite fra persone razzializzate. Se conoscete persone razzializzate che vi sembra abbiano cose in comune mettete loro in contatto! Aiutateci a trovarci, a conoscerci, ad avere i nostri spazi e le nostre comunità. Vogliamo essere protagonist delle nostre storie.
Quando regalate dei soldi a una persona razzialiazzata, a un gruppo, comunità od organizzazione di persone razzializzate, non vedetela come una donazione. Questi soldi sono una riparazione economica per tutto quello che è stato rubato all nostr antenat e per tutto quello che ancora oggi viene saccheggiato ai territori da cui provengono le nostre famiglie. La donazione è un gesto caritatevole: ebbene, no, non abbiamo bisogno di carità. La persona bianca che dà denaro a cause antirazziste non deve farlo pensando di compiere un nobile atto di benevolenza, quello servirebbe solo a ripulirsi la coscienza, deve capire invece che sta ridistribuendo la ricchezza che ci è stata sottratta.
Non vogliamo farci inglobare, non vogliamo che ci strumentalizziate, non vogliamo essere pres come dimostrazione della vostra “inclusività” o “intersezionalità”. Ci siamo organizzat in modo autonomo rispetto a marciona, ma stiamo partecipando alla manifestazione per riappropriarci dello spazio pubblico. Sentiamo l’importanza di costruire lotte e spazi comuni, e vogliamo riportare i nostri discorsi in un ambiente misto, ma ciò non deve precluderci la possibilità di avere la nostra narrazione.
Alcune persone razzializzate che hanno partecipato alla marciona dell’anno scorso hanno provato imbarazzo nel sentire durante la manifestazione un discorso sul razzismo e il privilegio bianco fatto da persone bianche rivolto solo a persone bianche. La stazione centrale di milano è un simbolo del privilegio di mobilità di cui le persone bianche godono. Forse sarebbe stato meglio cedere il microfono a chi quel privilegio di muoversi fra le stazioni e le frontiere non ce l’ha.
Tutti i discorsi sul razzismo e il colonialismo che abbiamo fatto oggi sono nostri e non vostri. Non appropriatevene, non vantatevene con le vostre amiche e non credete di essere antirazzist perché noi siamo presenti a questa marcia. Non sbiancate la nostra lotta!
Cordiali saluti,
cimarrone in lotta contro l’etero-cis-patriarcato